“Il viaggio della strega bambina” di Celia Rees: mi chiamo Mary. Sono una strega.

Mi chiamo Mary. Sono una strega. O meglio, qualcuno mi chiama così. “Figlia del diavolo”, “strega bambina” mi sibilano per strada, anche se non conosco nè mio padre nè mia madre.

Comincia così questo romanzo di Celia Rees, rimasto a lungo a giacere nella mia infinita wish list, che si smaltisce e si rigenera talmente in fretta che spesso ne perdo totalmente il controllo. Sono contenta di averla tirata fuori dal sacco, è stata una lettura molto affascinante e coinvolgente, ad opera di un’autrice che possiede un talento indiscutibile nella narrazione. Uno stile minimale ma profondo, in grado di ricreare attraverso poche pennellate storie particolari e, in un certo senso, dimenticate. La sua scrittura prevede rari dialoghi, ma descrizioni di forte impatto visivo, quasi cinematografiche, che scorrono rapide come se noi lettori stessimo osservando la bobina di un film. Mary Newbury è appena una ragazzina quando sua nonna, l’unica persona che l’ha cresciuta e con cui vive, viene accusata di stregoneria e messa al patibolo. Siamo nell’ Inghilterra del XVII secolo, la guerra e l’instabilità socio politica del paese permisero il diffondersi a macchia d’olio della paura e dell’ignoranza. Come erbe infestanti   attecchirono e misero profonde radici in tutta l’Europa, avvolgendo in una coltre buia  il raziocinio degli uomini. Si cerca sempre un colpevole per il destino avverso, quando non si ha la capacità di comprendere: nel 1600, questa prerogativa era riservata alle streghe.
Mary sta per assistere all’ impiccagione della nonna quando un amorevole abbraccio le copre la visuale, trascinandola lontano dalla folla affamata di sangue. E’ una donna misteriosa, ben vestita e colta, che la conduce al sicuro presso una locanda in cui riceve cure e nutrimento. Poche righe dopo scopriamo insieme a Mary l’identità della donna, che ha molto a cuore la salvezza della ragazzina: il giorno dopo l’ affida ad una piccola comunità di puritani in partenza per l’America, perché solo scappando avrebbe salva la vita. Sono tempi bui, estremamente instabili, e parte del popolo inglese non si sente più rappresentato dai chi sta al potere: sono i puritani, i separatisti. Coloro che seguono alla lettera la parola del Signore data attraverso la Bibbia, non si sentono più accettati in patria nel nuovo ordine delle cose. Alcuni di loro sono partiti anni prima, dando vita ad una comunità puritana nei pressi della città di Salem; ora un altro piccolo gruppo sta per raggiungere quelle terre lontane, in cerca di prosperità e di libertà per il loro credo: Mary si unirà a loro. La donna che l’ha tratta in salvo dalle grinfie dei cacciatori di streghe le ha preparato una storia plausibile da raccontare, che avrebbe dovuto recitare a memoria una volta raggiunto il gruppo. Per il resto, non c’era nulla da aggiungere o da sapere: Mary è intelligente e comprende subito che fingersi una puritana era tutto quello che poteva fare nella sua condizione. Durante la traversata  conosce alcune persone speciali che le si stringeranno attorno come se fosse sempre stata parte della loro famiglia, donandole conforto e calore umano. Stringe un forte legame affettivo soprattutto con Martha, una donna rimasta vedova e senza figli a causa delle guerra.
Una volta raggiunta la città di Salem i coloni appena sbarcati dovranno affrontare un nuovo viaggio prima di potersi insediare, questa volta attraverso la foresta oscura di quel paese ancora vergine, abitato un tempo dagli indigeni locali. Durante queste continue peregrinazioni Mary si distingue dal resto del gruppo per la sua viva intelligenza, per la sua forte personalità e perché nonostante abbia cercato di comportarsi sempre in modo irreprensibile, i più attenti e sospettosi cominciano ad intuire che in lei c’è qualcosa di diverso,  che alimenta diffidenza e maligni pettegolezzi. Non ci verrà mai rivelato se Mary è realmente una strega, o come diremo oggi una sensitiva, oppure se questa sua diversità è solo un’invenzione della gente, che  l’ha sempre chiamata così fin da quando era piccola, a causa di una nonna anticonformista. Non riusciamo a comprendere se quell’ affermazione iniziale “sono una strega” le arriva da una profonda consapevolezza di sè o se il suo pensiero è stato in qualche modo indotto da ciò che gli altri hanno sempre visto in lei. Quello che certamente comprendiamo è che questo suo essere così “speciale” desta una curiosità morbosa e crudele tra i coloni.
Le ragazze del villaggio la isolano, ma lei non da importanza alla cosa perché le ritiene sciocche e frivole, ed inoltre intuisce perfettamente la loro vera essenza: dietro a quella parvenza di perfette puritane  si nascondono ragazze stupidamente ammiccanti, che giocano con la loro femminilità in modo proibito, sempre in bilico tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Mary da fastidio, è troppo intelligente, ed  ha una bellezza che le appartiene e che non deve forzatamente ricercare…inoltre nessuno sa da dove arrivi. La sua storia non ha appigli e non trova conferme.
Saranno proprio le ragazze del villaggio ad infliggere il colpo finale alla reputazione di Mary, già messa alla prova durante i mesi di permanenza al villaggio. La sua passione per la natura e l’insofferenza alle dure leggi della congregazione la spingono ad inoltrarsi nella fitta boscaglia che circonda il villaggio in cerca di piante medicali (che ben conosceva grazie a quello che aveva appreso dalla nonna) travestita da ragazzo, per poter essere più libera nei movimenti e per assaporare quel fremito di libertà che tanto le ricordava la sua infanzia inglese. Ben presto la ricerca delle erbe diventa una scusa, per gli altri della comunità ma anche per se stessa: la verità è che solo in quei momenti Mary riesce a sentirsi davvero sè stessa. L’amicizia che stringe con una delle loro guide indiane, un giovane pellerossa che vive insieme al nonno ai margini del bosco, diventa presto una delle sue gioie più grandi ed un appuntamento che ricerca sempre con grande emozione e divertimento.

Non voglio svelare di più, perché questa è una storia che merita di essere letta. Perché, oltre alla bellezza della narrazione, all’ ambientazione suggestiva e alla rievocazione storica accurata, Mary è un simbolo. E’ l’emblema dell’emancipazione femminile, perennemente osteggiata, e della paura del diverso. E’ una storia che si ripete da secoli, anche se con modalità differenti, la cui matrice però è sempre la stessa: la paura, l’ignoranza e l’infinita stupidità umana.


Il viaggio della strega bambina – Celia Rees (Salani)

9788893818049_0_536_0_75

5 pensieri riguardo ““Il viaggio della strega bambina” di Celia Rees: mi chiamo Mary. Sono una strega.”

Lascia un commento