“Memorie dal sottosuolo”, di Fedor Dostoevskyj: negli abissi dell’animo umano

Chi è l’uomo del sottosuolo? Dostoevskij compone questo libro di poche pagine all’ età di 43 anni, dopo un lungo periodo di prigionia, nel pieno della sua maturità di uomo e di scrittore. E’ il romanzo perfetto per chi vuole iniziare ad avvicinarsi a questo gigante delle letteratura di tutti i tempi, perché qui troviamo abbozzate le tematiche essenziali dell’autore, che porterà poi a compimento nel suo capolavoro “Delitto e Castigo”. Il romanzo si apre con un lungo monologo del protagonista, un uomo di circa quarant’anni che si definisce malato, con tutta l’intenzione di soffrire sempre di più, evitando medici e cure. E’ convinto infatti che ogni uomo dovrebbe essere libero di scegliere come vivere, non vuole accettare una società precostituita, senza che la volontà possa decidere il proprio destino: un attacco al positivismo ed un inno al libero arbitrio, capisaldi del suo pensiero. 

Dostoevskij, durante questa lunga riflessione ci mette di fronte ad un ragionamento complesso, che più volte mi ha fatta tornare indietro con la lettura, poiché non ero certa di aver compreso i concetti esposti, positivismo a parte. Il protagonista è torturato da pensieri contraddittori, che non fanno altro che alterare il suo stato d’animo: si definisce un uomo non d’azione bensì riflessivo, non particolarmente intelligente ma nemmeno stupido al punto da compiere come tutti gli altri azioni inconsapevoli. E’ un ex dipendente del Ministero e confessa al lettore di avere un animo maligno, e di aver sempre sfruttato quel piccolo potere derivante dal suo lavoro per sottomettere il prossimo. Terminata la metà del romanzo abbiamo chiaro chi è l’uomo del sottosuolo: un essere meschino che combatte contro la società in cui vive, che non è in grado di instaurare legami con il prossimo perché lo disprezza e al tempo stesso lo invidia. Mentre questa lotta estenuante gli riduce l’anima a brandelli egli si rintana ancora di più nel suo angolo di mondo: recluso, fuggevole e riottoso come un topo, scende sempre di più nel sottosuolo, nella sua tana solitaria, dove non arriva nessuna ambizione, nessun anelito di vita, nessun desiderio di felicità.


Tanto più sprofonda nel fango della sua esistenza, tanto più il piacere che prova nell’ autodistruggersi e nell’ infliggere sofferenza al prossimo aumenta fino a raggiungere l’apice proprio quando noi lo incontriamo,  perso nelle sue farneticazioni e nella sua lucida follia. L’uomo del sottosuolo è un anti eroe,  probabilmente è l’anti eroe per eccellenza. Dostoevskij non ha remore nel descrivere la bassezza d’animo del suo protagonista, anzi, tenta di eviscerare ogni suo pensiero e lo fa con la genialità che lo contraddistingue.


Mentre nella prima parte l’autore si dedica a dissertazioni filosofiche impegnative che non permettono al lettore di distrarsi nemmeno di una virgola, nella seconda parte ci racconta la vita del protagonista, soffermandosi in particolare su alcuni episodi accaduti sedici anni prima. Questi accadimenti sono assai significativi e ci consentono la definitiva comprensione di quanto è stato filosofeggiato nella prima parte del romanzo. I sentimenti maligni e il desiderio di rivalsa sul più debole sono palesati e dimostrati nelle azioni compiute dal giovane quando ancora non era un abitante del sottosuolo, ma qualcosa di indefinito stava già ribollendo dentro di sè. All’ epoca dei fatti era ancora un impiegato e conduceva una vita povera e solitaria. Si vergognava tremendamente della sua condizione ed invidiava chi poteva permettersi un’esistenza diversa. Nonostante questi sentimenti malsani conservava comunque il desiderio di migliorare, di uscire dal suo guscio solitario e di provare ad instaurare relazioni sociali. Decide così una sera di unirsi ad un gruppo di ex compagni di scuola, auto invitandosi ad una festa che però finisce in malora. Rimasto solo ed ubriaco in un postribolo riversa tutto il suo livore, la sua rabbia e la sua frustrazione su Liza, una prostituta alle prime armi. La tormenta, la fa soffrire, la illude facendole credere ha tutte le intenzioni di aiutarla per poi, ancora una volta, umiliarla definitivamente. Sarà questo l’atto finale della sua breve vita nel mondo, perché da quella notte in cui la neve bagnata l’ha inghiottito non uscirà mai più.

Non solo cattivo, ma proprio nulla sono riuscito a diventare: né cattivo, né buono, né furfante, né onesto, né eroe, né insetto. E ora vegeto nel mio cantuccio, punzecchiandomi con la maligna e perfettamente vana consolazione che l’uomo intelligente non può diventare seriamente qualcosa, ma diventa qualcosa soltanto lo sciocco.”

Sbavante di rabbia, con le mani che tremano ed il tormento nel cuore, sempre con gli occhi rivolti a terra ed il capo chino: è questo l’uomo del sottosuolo. Emblematica una delle frasi finali del libro:

..adesso, ormai per mio conto, pongo una domanda oziosa: che cosa è meglio, una felicità a buon mercato o delle sofferenze sublimi? Ebbene, che cosa è meglio?”

Un libro dalla forza espressiva unica, suggestivo e magnetico, che ci conduce negli abissi dell’animo umano. L’uomo è nudo di fronte da Dostoevskij, grande indagatore di quei sentimenti contraddittori che tormentano da sempre l’essere umano, capace di portare alla luce ciò che tutti gli altri tendono a nascondere: il lato oscuro, la vigliaccheria, la malvagità.

“Voli acrobatici e pattini a rotelle”, di Fannie Flagg: ecco chi erano le “W.A.S.P.”

Ero stata un po’ titubante riguardo la lettura di questo romanzo di Fannie Flagg, perché per me lei è la scrittrice di POMODORI VERDI FRITTI. Ho adorato quel libro e anche il film che ne è stato tratto, per cui a dirla tutta pensavo che non avrebbe più potuto fare di meglio. In effetti questo non è al livello di Pomodori Verdi Fritti, però è uno di quei libri che definirei…adorabile.

Il suo stile scoppiettante è inconfondibile, così come i suoi personaggi femminili: le protagoniste sono donne forti, caparbie, anticonformiste, ma anche capaci di grandi gesti di amore e tenerezza.

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La storia si sviluppa su due linee temporali differenti. Nel presente seguiamo le vicende di Sookie, che conduce una vita borghese e serena in Alabama assieme al marito, un dentista che l’ama con una devozione invidiabile, e i quattro figli. Le tre femmine si sono sposate recentemente, una di seguito all’ altra, e l’unico figlio maschio pare invece non ne voglia sapere. Ad ogni modo i recenti matrimoni hanno letteralmente spossato Sookie e quindi, ora che tutti hanno lasciato il nido, lei non desidera altro che godersi un’ esistenza il più possibile tranquilla dedicandosi alla sua passione per i volatili e al marito. Ma la vita è sempre imprevedibile. Un paio cose metteranno a repentaglio tutti i piani di Sookie: una è senz’ altro la presenza costante ed ingombrante dell’anziana madre, donna un po’ fuori dal comune, esibizionista, invadente ed eccentrica che non perde occasione per rammentare alla figlia che deve essere sempre e comunque all’altezza del cognome che porta: loro sono delle Simmons, ed i Simmons sono una delle più illustri e antiche famiglie dell’ Alabama. Cosa che alla povera Sookie riesce difficile da sempre, con sua grande frustrazione e con un senso di inadeguatezza che la riempie di angoscia fin da quando era una bambina. La seconda è una lettera contenente un documento incredibile che sconvolgerà completamente la sua esistenza e quella di tutta la sua famiglia.
L’altra linea temporale invece ci proietta negli anni 30, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Qui facciamo la conoscenza di Fritzi, una ragazza  esuberante, piena di vita e dotata di un coraggio fuori dal comune. Affascinata dal volo, impara a pilotare gli aerei grazie ad uno strampalato pilota acrobatico di cui s’innamora. Dopo che gli Stati Uniti entrano in guerra, Fritzi insieme alla sue sorelle si ritrova costretta rilevare la pompa di benzina di famiglia, la Wink’s Philipp 66, che ben presto diventerà la più famosa della zona. I camionisti cominceranno a deviare appositamente i loro itinerari solo per poter ammirare le quattro belle ragazze che, a suon di rock and roll e con i pattini a rotelle ai piedi, riparano i loro mezzi e li riforniscono di carburante veloci come schegge e abili come uomini. Queste tenaci ragazze con l’inasprimento del conflitto finiranno ben presto anche loro per aiutare la Nazione arruolandosi nelle WASP (le Women Airforce Service Pilots), corpo totalmente femminile che aveva il compito di trasportare gli aerei dalle basi militari al servizio dell’esercito americano, impegnato sul fronte bellico.
 
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Insomma, donne straordinarie i cui fili del tempo si intrecciano via via che si prosegue nella lettura. Fannie Flagg ancora una volta confeziona  una storia in cui ironia e sensibilità sono dosate alla perfezione, che  fa riflettere sull’importanza di rimanere fedeli a se stesse, ma soprattutto ci insegna che cambiare rotta e riprendersi la propria vita è sempre possibile. Un messaggio di speranza e di positività trasmesso attraverso uno stile che non stanca mai, che  strappa un sorriso più di una volta, e che girata l’ultima pagina  lascia in dono un bellissimo senso di leggerezza.
 
🔖TE LO CONSIGLIO SE:
 
– Ami le storie totalmente al femminile;
– Sei curioso di ciò che non conosci;
– Hai bisogno di leggere una storia che infonde positività