“L’estate più bella della nostra vita”, di Francesca Barra: i lacci che legano

L’ultima fatica letteraria di Francesca Barra,L’estate più bella della nostra vita”, (edizioni Garzanti) non mi convinceva affatto. Titolo ruffiano, copertina acchiappa-adolescenti ed un nome ingombrante, quello dell’autrice stessa. Non mi aspettavo quindi niente di buono mentre acquistavo su Libraccio il suo romanzo, ma l’aspetto giocoso della gara di lettura a cui ho partecipato prevedeva anche questo: spingere i concorrenti a distaccarsi un po’ dalle proprie zone di comfort, sciogliendo riserve e snobismi che tutti noi lettori ci portiamo dietro come antipatiche zavorre. Purtroppo però mi sono ricreduta solo parzialmente.

Il romanzo è ambientato nella splendida Basilicata, in un paesino da cartolina che ha un nome suggestivo ed affascinante: Borgo Felice. Ida, Rossella e Beatrice sono le tre sorelle protagoniste della prima parte del racconto, quella che più mi ha coinvolto emotivamente e che più ho apprezzato in linea generale. Ognuna di loro racconta la propria infanzia e giovinezza trascorsa nel paese, e da questi differenti punti di vista noi lettori riusciamo a comprendere molto bene la complessità delle dinamiche familiari che tessono le trame della storia. L’autrice, di origini lucane, apre il cassetto dei ricordi e ci proietta in un’estate della sua infanzia, nei lontani anni 80, in cui la modernità di quel periodo sfavillante sembra non aver ancora bussato alla porta del vecchio borgo, solidamente aggrappato alle sue tradizioni. Il profumo della liquirizia selvatica solletica le narici e lentamente la bobina dei ricordi comincia a proiettare immagini di quel periodo, che colpiscono nella loro intensità perché in un certo senso ci appartengono. L’infanzia e la giovinezza che tutti noi serbiamo nel cuore hanno  un profumo che si annida in quella parte del cervello in cui giace la memoria più antica ed incorruttibile, che sopravvive agli anni, alle partenze, alle perdite, ai dolori, a qualsiasi distacco che l’età adulta inevitabilmente porta con sé.

Fino a quando siamo bambini tutto è semplice: si litiga, ci si azzuffa, si passano le giornate a stringere alleanze per la vita o ad innescare guerriglie, ma ogni cosa ha la dimensione innocente del gioco. La sera, accaldati e stanchi dopo l’ultima partita a nascondino, fratelli e sorelle rientrano a casa abbracciati e sorridenti, pronti per cenare insieme a tutta la famiglia. La stessa. Ed è stato così anche per le sorelle Timpone, affiatate e complici fino a quando l’età adulta non irrompe nella loro tranquillità domestica, portandosi via per sempre la spensieratezza e quel senso di unione che solo chi ha fratelli può arrivare a comprendere. Ida, Beatrice e Rossella sono unite da un profondo legame ma divise da sogni ed ambizioni, e da personalità l’una all’ opposto dell’altra. Il legame tra fratelli è invisibile e potente, e quando si spezza non fa il minimo rumore. Non restano cocci da poter rimettere insieme con un po’ di buona volontà. E’ come se si dissolvesse poco alla volta nella rabbia trattenuta, tra le parole non dette e le gelosie che corrodono il cuore, portandosi via un pezzetto di noi. A volte non desideriamo altro, come è capitato a Beatrice. Beatrice è la più inquieta delle sorelle, la più seducente, la più determinata, quella per la quale le radici non rappresentano un rifugio a cui fare ritorno ma un laccio troppo stretto che le impedisce di vivere come vorrebbe. Che poi, nemmeno lei sa come vorrebbe vivere. Invece lo sa molto bene Ida, l’ha sempre saputo: essere moglie e madre, essere una brava donna di casa, continuare a vivere a Borgo Felice. Un desiderio all’ apparenza sicuro e semplice, ma che in realtà richiede una grande dose di coraggio, perché non mette al riparo dal dolore ma rende vulnerabili anche a quello altrui. Infine, c’è Rossella. La prima delle tre sorelle che incontriamo durante la lettura, e quella in cui è più facile immedesimarsi: bella ma non sfacciata come Beatrice, colta, una natura docile e gentile, cerca il suo posto nel mondo senza sgomitare, badando a non fare soffrire nessuno, senza rendersi conto che è lei la prima persona a cui sta facendo del male. Per Rossella le radici sono importanti, sono il punto da cui partire e quello a cui ritornare. La famiglia non è una parola vuota, ma il perno di tutta la sua esistenza, così come la casa paterna non è un mucchio di stranezze di cui vergognarsi. I loro abiti fuori moda, la mamma sempre china con ago e filo a cucire in nero per tutto il paese, la nonna vestita a lutto da trent’anni che passa l’estate seduta fuori dalla porta su una seggiola e chissà a cosa pensa, mentre getta il suo sguardo sulla strada anche quando è deserta. Questi sono i ricordi delle sorelle Timpone, quelli di cui Beatrice si è voluta disfare e quelli che Rossella non ha mai voluto perdere. Sono i ricordi che hanno reso Ida una madre amorevole ma imperfetta, e che hanno tenuto insieme una moltitudine di dolore quando il destino è entrato prepotente in quel paese che sembra un presepe, disseminando incomprensione e rancore.

Tu lo sai cos’è l’orizzonte?» «Una linea immaginaria che separa il cielo dal punto più lontano della terra.» «Il punto in cui si incontrano gli opposti.»


I ricordi che l’autrice ha voluto raccontare in questa saga familiare sono quelli che ognuno di noi può ritrovare frugando tra le fotografie ingiallite dal tempo, che imprigionano volti sorridenti e sigillano momenti perfetti, quello in cui l’amore era una benedizione e non una forza distruttiva. L’amore che distrugge non lo fotografiamo, non lo conserviamo nemmeno nelle narici, perché non esistono profumi associati a ricordi che fanno male. Fateci caso. Sarete costretti a fare i conti con i vostri ricordi, se leggerete questo romanzo. E sarà un’esperienza davvero bella, spesso commovente.


Se il romanzo fosse continuato così, su questa lunghezza d’onda, me ne sarei innamorata perdutamente. Ma purtroppo la seconda parte non è stata all’ altezza di quella precedente, avviando tutto ad una conclusione frettolosa che mi ha lasciata insoddisfatta . Il racconto di Ida, l’ultimo delle tre sorelle, termina in un momento drammatico, a cui fa da sfondo l’estate, il tempo della felicità assoluta ed insieme dei tristi presagi. Improvvisamente veniamo catapultati nel 2016, e ad essere protagonisti di questa saga familiare sono adesso i nipoti della famiglia Timpone. Quattro adolescenti problematici che si ritroveranno a trascorre tutti insieme le vacanze estive in Basilicata, nella casa dei nonni. Saranno loro questa volta ad insegnare agli adulti a sgretolare quel muro di incomprensione che tutti quanti anno dopo anno hanno eretto inossidabili. L’amore fa male anche quando è troppo, e questa sarà la lezione di Ida. Per Beatrice e Rossella giungerà finalmente il momento di litigare, urlandosi contro verità sottaciute per venti logoranti anni. E per Lorenzo, Giulia, Nicolò e Miriam sarà un momento di crescita importante e di gioia pura: sarà davvero l’estate più bella della loro vita.

L’estate più bella della nostra vita – Francesca Barra (Garzanti)

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