“Morte a Pemberley”, di P.D. James: un giallo per i coniugi Darcy

L’acquisto di questo libro ha scavalcato tutti gli altri in ordine di priorità perchè sono stata fatalmente attratta dalla copertina, che ha richiamato subito alla mia mente Jane Austen e le sue incredibili atmosfere. A dire il vero avevo adocchiato questo libro in biblioteca ai tempi in cui uscì, e lo presi in prestito per mia madre. Lo lesse con poco entusiasmo a ben pensarci, ma io comunque all’ epoca predilessi altre letture e poi tutto finì nel dimenticatoio. Fino a quando non lo rivedo in libreria, occhieggiante e malizioso, e finisco per comprarlo insieme ad una discreta pila di altri volumi. Il mio entusiasmo iniziale era dovuto al fatto che amo molto i gialli, su questo tipo di romanzi ho imbastito la mia carriera di lettrice e sarò sempre grata alla Signora Christie e al Signor Simenon per aver alimentato in me una passione autentica per la meticolosità e la sagacia di Poirot e per le indagini psicologiche del burbero Maigret. Jane Austen poi, è un altro amore di vecchia data: Orgoglio e Pregiudizio era nella biblioteca dei miei genitori dagli anni sessanta, e fu una delle mie prime letture da adulta: ho adorato Elizabeth Bennet, così come Mr. Darcy. Insomma, questi ingredienti amalgamati insieme ad opera di una acclamata signora del giallo avrebbero dovuto investirmi di pura gioia durante la lettura. E invece no, per niente. Mi sono annoiata a morte! L’acclamata P. D. James secondo me avrebbe fatto meglio a non cimentarsi in un’opera così, perché si sente ad ogni riga che la sua penna di giallista era come frenata, obbligata a seguire il ritmo lento dello stile ottocentesco di Jane Austen, per la quale anche solo la descrizione di un soggiorno addobbato per l’ora del tè diventa un elaborato esercizio stilistico, con squisite fioriture letterarie che però levano inevitabilmente tempo all’ azione. Un giallo deve avere alcune caratteristiche di base, altrimenti annoia: il ritmo deve essere serrato, i colpi di scena dietro l’angolo, la suspence deve essere un filo conduttore invisibile e continuo, che non molla mai la presa. I protagonisti sono gli stessi di Orgoglio e Pregiudizio, ed essendo passati diversi anni da quando lo lessi ho dovuto fare un notevole sforzo di memoria (che non ho) per incastrare debitamente i nomi e le parentele, che non sono affatto pochi. E già questo mi ha infastidita, perché sarebbe bastato qualche dettaglio aggiuntivo per aiutarci ad entrare nel fitto della storia. Troviamo Elizabeth e Mr. Darcy felicemente spostati, residenti nella splendida dimora di Pemberly, intenti a dare il loro primo ballo in qualità di padroni della tenuta. Elizabeth è presa dai preparativi e la sorella di Darcy, Georgiana, le è accanto in questa impresa. Delle cinque famose sorelle Bennet quattro si sono sposate, mentre Kitty è rimasta nella tenuta di famiglia ad occuparsi degli anziani genitori: la madre, sempre insulsa e petulante, ed il padre, sempre arguto ed appassionato lettore, e sempre desideroso di essere lasciato in pace dalla moglie e dalle figlie, fatta eccezione per la favorita Elizabeth.

Era opinione comune delle donne di Meryton che Mr e Mrs Bennet di Longbourn fossero stati fortunati riguardo alla sistemazione di quattro delle loro cinque figlie.”

Insomma, nulla è cambiato nei rapporti familiari: ora, ad allargare le vanterie della signora Bennet e l’insofferenza del signor Bennet, ci sono anche i nipoti. Ma in questa storia i familiari di Elizabeth vengono toccati solo in parte, perché tutto ruota intorno alle antiche conoscenze di Mr. Darcy che sopraggiungono a Pemberley per motivi diversi. Non posso svelare molto della trama, perché si tratta pur sempre di un giallo e quindi ogni parola che scrivo potrebbe far arrivare alla soluzione. La notte prima del ballo, un terribile fatto di sangue sconvolge Pemberley e tutti coloro che, per un motivo o per l’altro, si trovavano lì quella notte. Da quel momento in poi, srotolando una bobina che si muove con estrema lentezza, arriveremo alla verità. Non prima di aver sbadigliato ennemila volte, domandandoci continuamente cosa stessimo leggendo in realtà: una prosecuzione di Orgoglio e Pregiudizio di cui non si sentiva affatto il bisogno, o un giallo sbiadito in cui le indagini sono pedanti e inconcludenti, i personaggi spenti come un candelabro nel cuore della notte e l’attesa ridotta a un unico, grande sbuffo?


L’intento dell’autrice era anche nobile, credo, ma io sono una di quelle puriste che pensano sia meglio lasciare in pace zia Jane e tutto ciò che la sua penna ha creato, perché il rischio è quello di creare forzature che risultano finte e sgradite.


La signora James scrive molto bene, e su questo non ci piove, ma il tentativo di dare continuità alla storia l’ha obbligata ad utilizzare uno stile innaturale, “austiniano” solo per il dilungamento nel descrivere stati d’animo e ambientazioni, ma per nulla riuscite. E questa scelta, che non trovo attraente per un lettore come me, è stata penalizzata ulteriormente dall’ idea, veramente malsana, di imbastire un giallo in mezzo a galantuomini e donne svenevoli.

Inoltre diciamolo apertamente: Mr Darcy, da sposato, perde tutto il suo fascino.

 

“Il miniaturista”, di Jesse Burton: Il secolo d’oro dell’Olanda

Questo acclamato romanzo d’esordio di Jessie Burton è stata una lettura affascinante ed estremamente coinvolgente, a dispetto di quello che pensavo. E’ stato un autentico viaggio nel tempo, dalla poltrona di casa mia fin lungo i canali della città di Amsterdam del XVII secolo, cuore pulsante dell’attività mercantile di tutta l’Europa e  sede dalla potente VOC, la Compagnia Olandese delle Indie Orientali, che all’ epoca deteneva il monopolio delle attività commerciali con il continente asiatico. In questo contesto storico di grande fervore e benessere economico l’autrice ci racconta la storia di Petronella Oortman, una ragazzina di appena diciassette anni costretta a sposare uno dei più influenti mercanti della VOS per fuggire dalla situazione di indigenza in cui versa la sua famiglia. Nella, come la chiamano tutti, ha sempre vissuto nella campagna olandese e non sa nulla della vita né degli uomini; l’unico consiglio che la madre le ha dato, cercando di confortarla di fronte alla prospettiva di unirsi in matrimonio con un uomo di cui non conosce nemmeno il viso, è questo: “la chiave è il tuo corpo, tesoro mio.” Una situazione che Nella comprende perfettamente, certa che saprà sfruttarla come meglio potrà. Questo è il suo ruolo di donna, e lei nonostante la giovane età si sente pronta.

Nell ’autunno del 1686 Petronella si presenta davanti al portone di casa dello sconosciuto che ha sposato, nel quartiere benestante di Amsterdam. Con sé ha un piccolo pappagallo verde di nome Peebo, unico legame con l’infanzia che sta abbandonando per sempre. Viene accolta in modo molto diverso da come se l’era immaginato, con freddezza e senza nessun tipo di benvenuto da parte del marito Johannes Brandt, assente per lavoro. Nella è una ragazza intelligente e sveglia, e comprende fin da subito che quella casa custodisce segreti sfuggenti ed inconfessabili. Sono le stranezze che nota a metterla in allarme: la vera padrona di casa sembra essere sua cognata Marin, una donna forte, di polso, esperta contabile e abile negli affari tanto quanto il fratello. Nonostante la sua indiscutibile bellezza Marin non si è mai sposata, ma la cosa che stupisce di più Nella è che nemmeno ambisce a farlo, cosa assai inusuale per l’ epoca. La servitù, costituita dalla domestica Cornelia, donna dal cuore grande quanto i suoi occhi azzurri, e da Otto, servitore di colore arrivato in Olanda con una delle navi del padrone, è fin troppo libera di esprimersi. La società del tempo era rigidamente oligarchica e la ricchezza degli individui, più che la propria condizione di nascita, stabiliva la classe di appartenenza: in un contesto simile era impensabile che la servitù potesse prendere iniziative di qualsiasi genere, o instaurare rapporti di amicizia con i loro padroni. Per le stesse ragioni, anche le donne non sposate erano guardate con sospetto, situazione che la Chiesa appoggiava in pieno. Marin era tollerata nel suo status di donna sola perché esponente di una famiglia molto in vista della città e come tale poteva concedersi il lusso di scegliere cosa fare della propria esistenza. Per tutte le altre ragazze nubili il matrimonio era un laccio legato stretto, quasi sempre privo di amore, ma rappresentava l’unica strada percorribile per poter godere di una vita quanto meno dignitosa. Nella si sente ospite in casa sua e non comprende il rifiuto del marito che non la guarda e non la tocca come un uomo dovrebbe fare con la sua giovane sposa: l’unico gesto di benvenuto che Johannes le riserva è un regalo molto particolare, uno stipetto che rappresenta una casa in miniatura, splendidamente rifinito. Ma Nella non sa cosa farsene di un mobile che riproduce una casa da riempire con minuscoli oggetti: vorrebbe calore umano, vorrebbe essere una moglie devota ed amata. Johannes è gentile e premuroso, la porta con sé nelle occasioni pubbliche, non le fa mancare nulla… ma per il resto è come se lei non esistesse. Dorme da sola ogni notte, ed ogni notte sente la casa pulsare di vita. Un fermento che non le appartiene, ma che la incuriosisce. Prigioniera in un mondo che non comprende, comincia a perlustrare le pareti della sua gabbia dorata scoprendo un po’ alla volta cosa si cela dietro l’assenza del marito, la freddezza della cognata e la libertà di cui gode la servitù. Alcune rivelazioni saranno scioccanti ed apriranno a Nella orizzonti completamente nuovi e spaventosi: dovrà affrontare situazioni difficili che la faranno crescere, consapevole dalla propria forza e del proprio posto nel mondo. Complice di questa sua evoluzione interiore sarà anche l’ambiguo personaggio del miniaturista. In seguito al dono dello stipetto Nella comincerà a ricevere strani pacchetti: sono straordinarie miniature di oggetti e di persone, perfettamente riprodotti, ricchi di particolari che la sconcertano perché riguardano la sua casa e la sua famiglia. Questo artigiano che nessuno conosce sembra vedere quello che solo Nella può sapere, addirittura certe riproduzioni sono in grado di svelarle cose che i suoi occhi prima non riuscivano a vedere. E’ come se la spiasse, come se osservasse continuamente tutti gli abitanti della sua casa, con la loro vita apparente e la loro intimità celata.

L’autrice non sembra affatto al suo esordio narrativo, è troppo brava, troppo abile, ha una tecnica consumata: dosa sapientemente il ritmo incalzante quando la situazione lo richiede e sa riempire di pathos le pagine in cui Nella, Johannes e Marin provano dolore e tormento, ma senza annoiare . Alcune volte la lettura è un po’ statica, ma penso sia dovuto soprattutto alla storia in sè che punta molto sul vissuto interiore dei personaggi e meno sulle vicende, raccontate stemperando sempre la crudezza dei fatti. Anche se il romanzo è incentrato sul personaggio di Petronella, tutti i protagonisti sono ben delineati, così veri ed umani nella loro imperfezione. In particolare mi è piaciuto molto il personaggio di Marin, donna anticonformista e fiera, vero pilastro della famiglia, che nasconde dietro un’algida apparenza una sorprendente tenerezza. Non accetta il destino che la società le ha già riservato alla nascita in quanto donna, non vuole sposarsi annullando se stessa, il suo spirito ribelle ha bisogno di nutrirsi di sogni e avventure che nessuna ragazza ai tempi avrebbe mai potuto anche solo immaginare, figuriamoci realizzarli.


Il messaggio di fondo penso sia proprio questo: tutte le donne devono poter essere artefici del proprio destino, devono osare, hanno il diritto di lottare per cambiare le cose anche quando il prezzo da pagare è molto alto.


Un romanzo affascinante e coinvolgente, senza dubbio un’ ottima lettura. La cosa curiosa che ho scoperto leggendo è che tale Petronella Oortman, moglie del ricco mercante Johannes Brandt è realmente esistita: la sua casa per le bambole è conservata al museo “Rijksmuseum ” di Amsterdam ed è considerata una vera e propria opera d’arte. Pare proprio che la signora Petronella non badò a spese per la sua realizzazione, coinvolgendo i migliori artigiani di Amsterdam: tutti gli oggetti sono perfettamente funzionanti e le scene di vita quotidiana riprodotte in tutti i loro più piccoli dettagli.