Libri in pillole: “La banda dei brocchi” di Jonathan Coe

La BANDA DEI BROCCHI è un romanzo in cui Coe ci racconta, con abile distacco e a volte con ironia e leggerezza, la storia dell’Inghilterra degli anni 70 attraverso le vicende di un gruppo di adolescenti. Coe è bravissimo nel mantenersi soltanto un semplice narratore degli eventi socio politici di quegli anni: per tutto il romanzo non si farà mai trascinare dalla polemica, dalla passione politica, da accuse e giudizi. Non tenta di capire la storia, semplicemente la osserva e ce la racconta attraverso la quotidianità di persone comuni. Il libro si apre con l’incontro nella Berlino dei giorni nostri tra i figli di due dei protagonisti, e da quel momento in poi tutto il romanzo si snoderà come un flash back scaturito proprio dal racconto di uno di quegli ex adolescenti. Lo spaccato dell’Inghilterra pre-Thatcheriana che Coe ci offre è talmente reale che sembra di vivere sulla propria pelle quel decennio pieno di fermenti su ogni fronte: le lotte sindacali al limite della rivolta, il terrorismo dell’IRA, la nascita della musica punk…Fantastica ed “epocale” è proprio la colonna sonora che accompagna tutto il romanzo: Clash, Sex Pistols, Black Sabbath….Anche  il titolo del originale del libro, The Rotters’ Club, è lo stesso di un disco dell’epoca degli Hatfield and the North, gruppo citato nel libro.
La crescita adolescenziale dei ragazzi protagonisti si intreccia inevitabilmente con le vicende delle loro famiglie, dove troviamo solo adulti in perenne crisi, intrappolati nei loro matrimoni sciovinisti e  nelle loro guerre ai padroni. In questo mare in tempesta cercano di barcamenarsi, con difficoltà, paura e stupore, i quattro amici: poco alla volta vediamo Benjamin e gli altri “brocchi” uscire dal loro guscio di sogni per affrontare la vita vera, attraverso esperienze forti, a volte drammatiche come la morte violenta e incomprensibile, a volte più dolci come la scoperta dell’amore e del sesso.
Un romanzo che forse a tratti può sembrare troppo superficiale ma che invece, a mio avviso, è da apprezzare proprio per questo sua particolarità di narrare le vicende offrendo solo spunti per più profonde riflessioni da cui l’autore volutamente si sottrae, lasciandone al lettore il compito. Da molti è giudicato come uno dei romanzi minori di Coe, ma a me è piaciuto davvero molto e spero con queste poche righe di restituirgli, almeno nella mia libreria, il posto che merita.

Buona lettura!

Metti un sabato in libreria: cronistoria di una dipendenza

L’atteggiamento con cui noi lettori compulsivi  ci approcciamo ai libri è lo stesso che riserviamo allo shopping in generale, non c’è alcuna differenza. La cosa strana, per noi, sta nel fatto che siamo capaci di desiderare l’ultimo libro di Stephen King con la stessa intensità con cui bramiamo un paio di Louboutin tacco 12 o l’ultima novità della Apple. Abbiamo una lista dei desideri lunga  dieci piani di morbidezza che teniamo sempre con noi nel portafogli, una lista che si depenna e si rinnova con una velocità impressionante. Abbiamo scarpe, borse e vestiti in quantità industriali e libri in egual misura. Quindi, per noi, il danno economico è incalcolabile ed inesorabile. I nostri appartamenti sono stipi, gridano vendetta, non ce la fanno più, eppure c’è sempre un posto per l’ultimo nuovo romanzo acquistato. A costo di auto sfrattarsi da casa propria.
“Ma sì, entro solo un attimo, cinque minuti, giusto per ammazzare il tempo. Non compro niente.” Povera illusa. Quante volte te lo sei detto. Quante volte te lo sei rimangiato. Siamo dipendenti dai libri, siamo tossici, siamo inaffidabili. Ci culliamo di illusioni. E sappiamo benissimo quanto siano vane.

1)Costeggi per caso la tua libreria preferita e ti accorgi d’improvviso come tutte le tue commissioni del sabato pomeriggio non siano poi così impellenti

Ti fermi un secondo davanti alla vetrina addobbata con le ultime uscite,  nuove edizioni di vecchi romanzi, decennali  saghe rilegate di fresco… e scorri tutto rapidamente.  C’è un banchetto allestito fuori dal locale dove le commesse impacchettano libri con carte colorate  e  mazzolini gialli di mimose e ginestre. Anche i libri sbocciano in primavera? Pare proprio di sì. All’interno gli avventori sembrano tutti entusiasti di curiosare e cercare qualcosa di nuovo da leggere o regalare, trascorrendo lì il loro pomeriggio libero. Perché tu non dovresti? Il tempo di risponderti a questa domanda ed hai già oltrepassato l’ingresso, attirata da un coro di sirene. OK, hai delle commissioni da sbrigare, ma nulla di così urgente: qualche minuto in libreria potresti anche concedertelo.

2)Ti riprometti che non comprerai nulla

Stai solo dando un’occhiata, te lo ripeti come un mantra, ma gli sguardi che lanci tra gli scaffali godono di ogni proposta, una più accattivante dell’altra. Decine di input diversi solleticano il tuo cervello minando le severe limitazioni che ti sei auto imposta a causa di un conto corrente in perenne agonia:  titoli perfetti, copertine irresistibili, l’ultimo romanzo del tuo autore preferito, il pezzo mancante alla tua collezione di gialli di Agatha Christie che cercavi da mesi. Sono tutti lì, a molestare il tuo bancomat. Ma tu non cedi, anzi, dai prova delle tue capacità di gestione della crisi pianificando nel dettaglio i tuoi acquisti dei prossimi mesi.

3)Ok, ma solo uno

Va bene, tutto sommato, se mercoledì sera non partecipi alla pizzata con la palestra e se rinunci all’aperitivo del venerdì, un libro forse puoi anche permettertelo. Non sei appassionata di fantasy e non segui il “booktok”, questo è vero, però qui c’è un’intera sezione dedicata ai romanzi che hanno spopolato letteralmente su tiktok e di cui perfino tu, che sei vintage e anti social in modo preoccupante, ne hai sentito parlare a sfinimento. Non puoi continuare a sentire il parare altrui senza poter intervenire perché sei all’oscuro di tutto, e a leggere recensioni spesso agli antipodi: hai davvero bisogno di crearti  una tua opinione  per poterla postare, diffonderla e ripristinare così l’ordine mondiale dei recensori internauti.

4)Per la verità, sai benissimo che potresti averlo in prestito

Nel tuo gruppo di lettura sicuramente in diversi hanno già letto questo libro e potrebbero prestartelo. Certo, sono tutti fanatici come te e difficilmente propensi alla condivisione dei loro tesori, ma la tua buona reputazione in materia ti agevolerebbe in questo e alla fine riusciresti a spuntarla. E poi ci sarebbe anche la biblioteca, che i prestiti li fa di mestiere. Ma dovresti andare fin là e perdere altro tempo, ché già te ne è rimasto poco. Inoltre le biblioteche non sono mai così aggiornate, questo è un fatto assodato, quindi molto probabilmente non troverai quello che cerchi. E se poi ti affezioni alla storia, ai personaggi, alla copertina e a tutto quanto? Saresti disposta a separartene? Assolutamente no.

5)Già che ci sei, controlli un attimo i consigli di lettura scritti sulla lavagnetta dalla mano misteriosa 

E non perché sei intenzionata ad acquistare una delle  nuove uscite consigliate dall’onnisciente libraio magico, che tutto sa e tutto vede, ma perché la sua mano misteriosa ti affascina da sempre: spesso è capitato che i suoi suggerimenti di lettura, seppur non rientrassero propriamente nella tua comfort zone, facessero breccia nel tuo universo mondo, minando le tue certezze e creando nuove esigenze. I romanzi pulp di J. R. Landsale, per esempio, furono colpa di quella mano maledetta: ti sei ritrovata così ad accendere un mutuo per  recuperare tutti i racconti della saga di Hap & Leonard, ed era proprio quello di cui avevi bisogno in quel preciso momento. Non ti sei mai divertita tanto! Tu non lo sapevi, ma lui sì. Ormai del libraio misterioso ti fidi ciecamente, per cui è logico che entrando in libreria getterai uno sguardo a quella lavagnetta con molta attenzione e tanta, tanta rassegnazione.

6)Inizi a pensare alla tua fantomatica futura eventuale libreria indipendente di tua proprietà

Già, i consigli di lettura. Quelli che scriveresti tu su quella lavagnetta se i sogni si trasformassero in realtà e tu possedessi una libreria indipendente, lontana dalle strategie del mass marketing, completamente sganciata dalle Major dell’editoria. Peccato che questo sogno, seppur realizzato in un ipotetico futuro ideale, dovrebbe anche darti da mangiare. Dettagli. In cuor tuo però lo sai che non sei adeguata a questo ruolo, perché non basta aver letto montagne fisiche di libri per imparare il  mestiere di libraio : devi essere costantemente aggiornato, fiutare le tendenze, dare visibilità al libro giusto nel momento giusto, ma soprattutto non devi schifare il prodotto se ciò che vendi non ti piace. E questo, dato il tuo proverbiale nazismo libresco, sarebbe la parte più difficile: consigliare un libro di Fabio Volo con entusiasmo è una forma di violenza che non ti meriti. Meglio continuare a fare la cliente ancora per un po’.

8)E prima che tu te ne accorga, stringi tra le braccia molti più libri di quanto non riesci in effetti a trasportare senza spargerli a destra e a manca… 

Ok non era questo il piano. Qualcosa non ha funzionato. Qualcosa deve esserti sfuggito di mano, tipo il portafoglio. Che hai nuovamente aperto a ventaglio, con una rassegnazione del tipo “Prendetelo e fatene ciò che volete”. Avevi davvero bisogno di iniziare a leggere la saga dei delitti del Barlume, così ti sei guadagnata un debito di almeno dieci romanzi? O di quella nuova edizione di “Stagioni Diverse” di Stephen King, solo perché quella che possedevi già era la versione economica e stonava accanto agli altri suoi romanzi nuovi di pacca? Per non parlare di quella raccolta di Poirot, un tomo rifinito splendidamente che da solo pesa cinque chili ma che fa il paio con quello di Miss Marple che ti sei regalata a Natale. La risposta logica è NO, ovviamente, non ne avevi affatto bisogno. Ma la risposa sentimentale, invece, è che non ne potevi farne a meno. Altrettanto ovviamente.

9)Torni a casa e sei talmente su di giri che non sai nemmeno da quale libro cominciare:

L’odore della carta ha un suo potere magico in grado di mandarti in solluchero il cervello, come una droga. Metti tutto in ordine ed ogni nuovo libro trova la sua giusta collocazione, nonostante la sovrabbondanza di volumi  e le pile che cominciano ad innalzarsi dagli scaffali tipo stalagmiti, perché in orizzontale  ormai c’ è rimasto  spazio solo per la polvere. E’ un autentico prodigio.  Cominci a mettere su un bel caffè, contemplando con orgoglio la tua libreria mentre l’aroma della moka si mescola a al profumo dei libri nuovi, perché questo è uno di quei momenti perfetti in cui la tua vita fa pace con il caos che c’è la fuori: le preoccupazioni,  i problemi, le bollette da pagare e l’affitto che è aumentato… l’universo si riallinea  mentre con la tazzina in mano cerchi il segnalibro adatto per la tua nuova lettura. E non fa niente se dovevano essere solo cinque minuti. Non fa niente se dovevi solo entrare a dare un’occhiata senza comprare nulla, se dovevi fare la spesa e ritirare il piumone in lavanderia. L’unico rimpianto che si può avere per una libreria è quello di non esserci entrata o di non aver preso anche quel libro. Non ti sei mai pentita del contrario.

Grazie a Dio.

Libri in pillole: “Il giardino delle bestie” di Erik Larson

“Il giardino delle bestie” è un riuscitissimo amalgama tra cronaca e romanzo storico, anche se non ha la pesantezza e la freddezza di questi generi. Il protagonista, William Dodd, è infatti realmente esistito e Larson racconta la sua esperienza di ambasciatore americano nella culla del terzo Reich. Tutto si svolge nell’anno 1934, periodo cruciale che cambiò per sempre il volto di Berlino e della Germania intera: è questo l’anno della rivoluzione dei giovani nazisti e dell’ascesa al potere di Hitler. L’originalità del romanzo è il punto di vista con cui questo enorme cambiamento viene raccontato, che è quello di uno uomo politico straniero che con la sua famiglia si trasferisce in Germania per intraprendere la carriera diplomatica. Dodds Arriva a Berlino con l’entusiasmo di chi, come lui, conobbe la Germania agli albori del 1900, quando studiò a Lipsia e tutto era un brulicare di vita, di cultura, di benessere: ben presto però si rende conto di quanto il suo ricordo fosse fuorviante e non più aderente ad una realtà profondamente trasformata. Dodds era un intellettuale del partito democratico, sostenitore di Franklin D. Roosevelt eletto alla Casa Bianca nel novembre 1932; era indubbiamente attratto dalla vita pubblica ma non possedeva le finezze di una mente politica, e l’unico motivo per il quale fu scelto da Roosevelt per rivestire l’importante ruolo diplomatico era la sua familiarità con il mondo tedesco, seppur limitata al solo aspetto accademico. Il neo ambasciatore era un uomo integerrimo distante anni luce dai giochi di potere della politica, fermamente convinto che il suo dovere più importante fosse portare come esempio i suoi principi egualitari e l’ideale jeffersoniano di democrazia liberale. A causa di questa sua impostazione, più da docente (qual in effetti era) che da scaltro rappresentante USA in terra straniera, ben presto verrà giudicato un inetto dai suoi connazionali e diventerà una facile pedina degli uomini di Hitler. Pagina dopo pagina, giorno dopo giorno vedremo lui e la sua famiglia scivolare in un terribile incubo da cui ne usciranno tutti irrimediabilmente distrutti. Dodds con la sua ingenuità e la figlia Martha con la sua spudoratezza sentimentale vivono a loro modo l’ orrida ascesa nazista, di cui si renderanno pienamente conto solo alla fine, quando saranno costretti a spalancare increduli gli occhi di fronte al primo tremendo atto di follia: la Grande Purga compiuta da Hitler contro i presunti oppositori del regime, il 30 giugno del 1934, passata alla storia come “la notte dei lunghi coltelli”.

Libri in pillole: “Academy Street”, di Mary Costello

E’ un romanzo con pochissima azione: in meno di 200 pagine l’autrice racconta tutta la vita di una donna irlandese, Tess. I sentimenti della protagonista, più che gli accadimenti in sè, costituiscono il fulcro di una narrazione in cui le vicende vengono raccontate in modo molto raccolto ed intimo, come in un diario personale. Quella che ci viene offerta è una visione sempre introspettiva dell’esperienza di Tess che però, a dispetto della malinconia di fondo di cui è costantemente pervasa, non cede mai il passo alle banalità da melò e questo renderà la nostra lettura piacevole, per nulla opprimente. Tess è una donna molto sfortunata, che vive la sua esistenza come se fosse sospesa dalla realtà, in perenne attesa che accada qualcosa per cui essere felice: ma questo momento non arriverà mai. Ciò che di bello la vita le ha regalato lo riconoscerà soltanto molto dopo, quando ormai tutto è passato e svanito nell’ombra dei ricordi. Il problema di Tess è proprio questo, non riesce a percepire la felicità quando le è vicina, perché la continua a cercare altrove. E’ un’ anti eroina che subisce passivamente tutte le esperienze negative, come se sentisse di meritarsi il peggio e per questo inevitabilmente lo attraesse, come se sopportasse tutto solo perché spera sempre in un “DOPO”. Non è irritante, anzi, è molto umana in questo. A chi non sono mai capitati momenti così, in cui abbiamo solo la forza necessaria di arrenderci al presente, senza lottare per cambiare la nostra vita? Viene naturale ed istintivo immedesimarsi nelle sue debolezze e fragilità, per questo non si riesce né a condannarla né a compatirla, ma solo a perdonarla. A volte, mentre si abbandona alla tristezza, verrebbe voglia di strattonarla urlandole di reagire, di darsi una mossa, di andarsi a prendere quello che vuole…. ma poi si finisce con il darle una pacca sulla spalla e ad accettarla così com’è. Una donna sola, sfortunata e malinconica, che vive di libri e di ricordi e nel mentre inesorabilmente invecchia. Sembrerebbe quasi un libro da evitare, e invece no. Perché l’autrice è talmente brava che riesce a non rendere mai patetiche le emozioni di Tess, ma le arricchisce di un’intensa umanità che non ci permette mai di compatirla. Ma soprattutto perché anche le voci dei perdenti meritano di essere ascoltate , quelle degli sconfitti in partenza, di chi non lotta perché sa già che andrà a finire male. Quelli che aspettano le disgrazie come eventi a cui non possono sottrarsi, e nel mentre si dimenticano di vivere.

Mai più 8 marzo

Stai seduta composta. Non fare il maschiaccio. Sei un’oca giuliva. Devi imparare a fare i mestieri perché sei una femmina.  Non dire parolacce. Non rientrare tardi la sera, non sta bene. Le brave ragazze non bevono. Le brave ragazze non fumano. Non piangere, che diventi brutta. Non mettere la minigonna in ufficio perché poi il capo ti guarda le gambe. I vestiti provocanti sono un invito. Sei troppo brutta per essere stuprata. Sei troppo bella per non esserlo. Sei troppo alta non puoi metterti anche i tacchi. Donna nana tutta tana. Cosa sarà mai una palpatina? Hai una bella faccia, non ti serve anche una bella testa. Sei un cesso, speriamo almeno tu sia intelligente. Le bionde sono delle svampite. A lui non piaccio coi capelli corti. Devi stare calma. Devi essere più aggressiva. Devi esporti di più. Devi essere più riservata. Ci sei stata, sei una facile. Non ci sei stata, vuoi farti crescere le ragnatele? Quanto te la tiri, pensi di avercela solo tu? Ti dai arie  da intellettuale. Quanto sei ingrassata! Come sei magra, ma mangi? Quanto sei antipatica, hai il mestruo? Sei un’isterica. Ragioni con l’utero.  Il tuo cognome non si tramanda. Non c’è nessuno che ti accompagna? Non hai le palle. Chissà  a chi la dai per fare carriera. Sei qui grazie alla quote rosa.  Il tuo collega guadagna di più. E’ richiesta una bella presenza. Sono qui per quel posto di lavoro…Bene, è tra i suoi progetti avere figli?  Cosa aspetti a mettere su famiglia? Non hai figli, non puoi capire. A quando il secondo? Non sei ancora sposata alla tua età? Non sei capace di tenerti un uomo. Se ti separi diventi di seconda scelta. Sei una zitella. Sei acida perché non trombi. Sei una gattara. Sei una casalinga, non fai niente tutto il giorno. Se ti sposi non ti serve una laurea. E’ una brava professionista, ed è pure mamma! L’accudimento è nella natura femminile. Lavori troppo, sei una madre assente. Sei l’angelo del focolare. Dove sono i calzini, è pronta la cena? Non cucini bene come mia madre. Non sei capace, faccio io.  Donna al volante pericolo costante. Abbiamo riso di te con gli amici. Un lavoro non ti serve, penso io a te. Sono io il capofamiglia.  Non possiamo permetterci una donna delle pulizie. Ma come ti sei conciata?  Spendi troppi soldi in creme. Perché non mi hai risposto al telefono? A cosa ti serve un altro paio di scarpe? Devi vestirti più da femmina. Perché ti trucchi per andare a fare la spesa? Non hai bisogno di una macchina nuova, va bene anche usata. Tanto, per dove devi andare tu.  Il tuo scooter ormai lo vendiamo. La tinta  la puoi fare anche a casa. Perché esci con le amiche, vuoi rimorchiare? Ti basto io. Sei troppo sensibile. Che fastidio mi dai quando piangi. Lo faccio per il tuo bene. Da sola non ci vai. E’ mio dovere proteggerti. Sei tu che mi fai incazzare. Te la sei cercata.

TI AMAVO TROPPO

Tre libri “up-lit” per imparare la resilienza

ELEANOR OLIPHANT STA BENISSIMO, di Gail Honeyman

Di Eleanor Oliphant parlai già tempo addietro, quando qui sul blog pubblicai un’ entusiasta recensione per il gruppo di lettura che frequentavo all’epoca. ( per chi fosse interessato ad approfondire, eccola) Questo romanzo alla sua uscita riscosse un enorme ed insperato successo: il libro venne pubblicato grazie ad un concorso per esordienti e spopolò tra i lettori, diventando il rappresentante perfetto di un nuovo sottogenere letterario che si andava profilando all’orizzonte: quello della “Up Lit Literature“, ovvero la “letteratura uplifting” e cioè “edificante”, nel senso di costruttiva e positiva.

La protagonista è una trentenne londinese ordinaria: abita da sola in un bilocale, lavora come contabile in un’agenzia pubblicitaria e ha la passione per le parole crociate e la lettura. Una vita apparentemente come tante, se non fosse per alcuni dettagli che ci vengono rivelati fin da subito: è sociopatica, il fine settimana si stordisce di vodka fino all’oblio ed ogni mercoledì sera riceve le inquietanti telefonate di sua madre dal carcere. Tutto questo all’inizio genera irritazione e antipatia verso Eleanor, che nella prima parte del romanzo avrete voglia di prendere perennemente a schiaffi, ma con il progredire della storia qualcosa nella sua corazza si incrina. Poco alla volta, attraverso quelle crepe, riusciremo ad intravvedere tutta la sofferenza e la fragilità che le sue manie di controllo ed un’ inespugnabile routine quotidiana riuscivano a celare al mondo. Mentre insieme a lei affrontiamo il suo percorso di rinascita, l’empatia poco alla volta prende il posto dell’insofferenza fino a coinvolgerci profondamente in quella che è storia toccante di solitudine ed emarginazione, di speranza e di riscatto di cui non sapevamo di avere così bisogno.

CAMBIARE L’ACQUA AI FIORI, di Valérie Perrin

“Cambiare l’acqua ai fiori” è uno di quei romanzi che ti fanno riconciliare con la vita e che per questo motivo vorresti non finisse mai. Se il termine “up-lift” nella letteratura ha un senso, sta proprio nelle 480 pagine di questa storia: Violette Tuossaint è la custode del cimitero di un piccolo paesino della Borgogna, una giovane donna bella e solare che guarda la vita con incanto e ottimismo, a dispetto del luogo in cui ha scelto di abitare e di un doloroso passato. In quel microcosmo sperduto in cui il respiro dei morti si fonde coi palpiti dei vivi, un evento imprevedibile arriverà a scuotere l’esistenza che Violette è riuscita a costruirsi con tanta fatica, costringendola a riaprire la scatola dei ricordi e a fare i conti con i suoi demoni. Ad ogni capitolo si alternano salti temporali, frammenti di diari, lettere dal passato e nuovi incontri che, uniti dal filo del racconto, ci aiuteranno poco alla volta ad entrare nella vita di Violette e a comprendere le ragioni di quella sofferenza che pare esserle così familiare. Perché la scelta di vivere all’interno di un cimitero non è stata una decisione come tante, tutt’altro. E la gioia di vivere che sprigiona, e che manifesta silenziosamente attraverso gesti quotidiani semplici, come improvvisare un pranzo con le verdure dell’orto o curare i fiori tra le lapidi, è il solo modo che conosce per sopravvivere: lasciarsi andare al dolore, accoglierlo come un amico così come si accoglie la gioia e perdersi dentro questo caleidoscopio di sentimenti senza opporre resistenza. Violette Toussaint è un luminoso esempio di rinascita, di speranza, un emblema di resilienza che ci farà guardare alla nostra esistenza con occhi diversi e, soprattutto, grati. Anche solo per qualche minuto.

FINCHE’ IL CAFFE’ E’CALDO, di Toshikazu Kawaguchi

I libri giapponesi sono così: un insegnamento dietro l’altro, una filosofia di vita che si apprende tra le righe, un viaggio in bilico tra realtà e mondo onirico che da Murakami in poi ha fatto scuola ed ha finito per stigmatizzarli un po’ tutti. Quindi, prima di intraprendere questa lettura, è bene sapere che se siamo lettori molto razionali questo romanzo non fa per noi.

Questa è la storia di una caffetteria giapponese molto particolare, e dei suoi avventori. Pare che sia aperta da più di cento anni e che sia possibile, per chi ha il coraggio di entrarvi, rivivere un momento preciso della propria vita semplicemente bevendo una tazza di caffè. Ma c’è una regola fondamentale da rispettare perché questo avvenga: è assolutamente necessario finirlo prima che si raffreddi. Ecco quindi che la caffetteria rappresenta un’occasione per riavvolgere il nastro, per rimangiarsi quelle parole che non avremmo mai dovuto pronunciare in quel preciso momento, per imboccare l’altra strada davanti al bivio della nostra esistenza. Chi ha il coraggio di varcare la soglia e sedersi su quello sgabello solitario scoprirà una cosa fondamentale, che poi è il messaggio di fondo che l’autore vuole rappresentare con questa storia surreale e poetica: viaggiare indietro nel tempo e rivivere alcuni brevi istanti del nostro percorso terreno non modificherà nulla del nostro presente, ma può donarci la pace ed insegnarci il perdono e l’accettazione. Il passato non si può cambiare, ma possiamo farne tesoro per plasmare un futuro che, invece, è una pagina bianca ancora tutta da scrivere.