“Il rumore della pioggia” di Gigi Paoli: Una report-story tutta italiana

 “IL RUMORE DELLA PIOGGIA” di Gigi Paoli, un giornalista toscano che da anni lavora nell’ambiente giudiziario come cronista, è stata una autentica rivelazione. Il  mio istinto di giallista non ha sbagliato quando lo ha selezionato senza esitare dagli scaffali dei nuovi arrivi nella mia libreria di riferimento, regalandomi una lettura coinvolgente da cui non sono riuscita a staccarmi quasi mai. Tre giorni et voilà, l’ho spazzolato via e già riposto sullo scaffale della mia libreria, pronta per il suo seguito.

Il protagonista del giallo è l’alter ego del suo autore. Carlo Alberto Marchi è un giornalista che si occupa di cronaca giudiziaria nella redazione del “Nuovo” di Firenze, sulla quarantina, divorziato, vive con la figlia pre-adolescente ed una gatta nera in un piccolo appartamento da scapolo, ed ha un rapporto difficile con le donne. Per la prima volta da quando leggo gialli italiani mi sono trovata di fronte ad un protagonista che non è afflitto, non è tormentato, non è dolente. Alleluja. Il nostro Carlo ha solo una vita complicata ed una marea di casini da gestire, in quanto padre single con lo spirito da giornalista d’assalto. Questo significa che incastrare le esigenze di una figlia undicenne con la sua perenne “caccia all’ articolo” è un problema piuttosto ostico che spesso non riesce a risolvere. Risultato? La figlia si incazza, lui si sente in colpa e le notizie buone sono da rincorrere, letteralmente. Il nostro giornalista è quindi un uomo problematico ma positivo e concreto, che ama la sua vita, adora la figlia ma soprattutto ha una vera e propria dedizione per il proprio lavoro.

 
 
 
Volevo essere “Tutti gli uomini del presidente” ed ero finito a fare “Mrs. Doubtfire”. Bella prova. Pensavo a questo, abbruttendomi assai, mentre quella mattina di novembre stavo compìto e contrito, già in camicia blu e cravatta, nel ruolo che ultimamente mi si addiceva in modo magnifico. La lavastoviglie.”
 
 

Carlo Alberto Marchi svolge ancora la sua professione con quello spirito così particolare che oggi molti suoi colleghi hanno perso. Non si è mai adagiato su una scrivania per  redigere articoli a comando, buttando l’occhio di tanto in tanto all’ orario  impaziente ed annoiato come un dipendente qualsiasi: lui ha ancora una passione bruciante che lo anima, mette il cuore in quello che scrive, ha il fiuto da segugio e quando gli si presenta tra le mani una buona storia da raccontare va  in fibrillazione. Per lui il giornalismo è una missione per la quale è disposto a macinare orari impossibili, sacrificando giornate libere e week end interi. La  sua toscanità poi è la ciliegina sulla torta, perché dona al tutto un’ ironia irresistibile e dissacrante che strappa sorrisi e buonumore, rendendo l’empatia  facile ed immediata. Un protagonista azzeccatissimo insomma, come altrettanto azzeccati sono i personaggi che gli gravitano attorno: l’amico giornalista, quelli del palazzo di giustizia (simpaticamente ribattezzato Gotham perché la sua particolare struttura ricorda la città di Batman) e poi la figlia Donata, che sta combattendo le sue prime battaglie di indipendenza verso l’unico genitore che le è rimasto.  L’ambientazione scelta non poteva che essere la città toscana per eccellenza, ovvero Firenze. Questa volta però non siamo di fronte alla capitale dell’arte  per antonomasia, con i suoi monumenti e la sua opulente bellezza, che richiama frotte di turisti provenienti da ogni parte del mondo e ad ogni pagina del calendario. Questa volta l’autore ci mette in contatto con la parte più intima e riservata della città, quella che solo i fiorentini conoscono, ma non per questo meno suggestiva e affascinante, anzi. Gli angoli nascosti in cui Carlo ci conduce sono ancora più attraenti di quelli che conosco così bene, perché Firenze è una città che mi ha rapita il cuore e ci torno ogni volta che posso.

I personaggi che Gigi Paoli mette in scena si muovono all’ interno di questi angoli sconosciuti alla maggior parte di noi, rendendoci curiosi e complici di una storia buia ed opprimente come il clima novembrino in cui tutto ha inizio. Una pioggia battente sta tormentando la città da diversi giorni, Carlo è alle prese con un pezzo che dovrà scrivere sull’ arrivo imminente  del Presidente israeliano quando un collega del Nuovo lo informa di un terribile delitto accaduto poco prima nella via degli antiquari. Inizia così una  caccia all’ uomo (e all’ articolo) che Carlo conduce da vero segugio, guidato da un istinto giornalistico che lo tiene costantemente in allerta, con le antenne ben drizzate e pronte a captare il minimo segnale. L’omicidio è efferato e le piste che si aprono indagando sull’ accaduto sembrano tante – troppe a dire il vero – per essere valide. Dietro all’ uccisione di un anziano commesso di un negozio di antichità religiose paiono annidarsi segreti inconfessabili, mentre le ombre dell’ omosessualità, della Chiesa e della Massoneria si allungano come tentacoli. Ad ogni nuovo approfondimento di questa indagine a triplo binario si aprono nuovi scenari, in un susseguirsi di verità svelate e di colpi di scena che tengono avvinghiati alle pagine, come nella migliore tradizione giallista. La triplice pista è però seguita solo da Marchi, perchè per la procura di Firenze il caso è già stato praticamente risolto. Ovviamente il nostro cronista d’assalto  non ha nessun titolo per condurre l’inchiesta, perchè come gli ricordano spesso a Gotham lui è un giornalista, ed è meglio che smetta di giocare a fare l’investigatore. Marchi però non molla l’osso e continua ad indagare, aiutato da  amicizie e vecchie conoscenze coltivate in anni di appostamenti tra le stanze del palazzo di Giustizia, oltre ad una buona dose di sfrontatezza. Come nelle migliori report-story.

 

I segreti che ogni vita porta con sè sono molteplici, spesso sono pesanti fardelli, altrettanto spesso sono circondati da sensi di colpa e da sentimenti disgraziati che ci preoccupiamo di nascondere con cura. La verità invece è sempre a senso unico, ed il più delle volte è  semplice e disarmante.