“La figlia del boia”, di Oliver Potzsch: quando uccidere era un mestiere

“La figlia del boia” è un romanzo storico affascinante, dalla scrittura potente ed evocativa. Oliver Potzsch centra l’obiettivo e ci regala un affresco della Baviera del XVII secolo che difficilmente potremmo dimenticare. Il protagonista, a dispetto del titolo, è il boia della città di Schongau. La figlia del boia infatti (lo dico per quelli che come me pensavano di incappare in una figura femminile) resta marginale alla storia, al punto che sono ancora qui a chiedermi per quale motivo il romanzo si intitola in questo modo. Comunque, torniamo a noi. Il boia del paese, si diceva, è l’uomo attorno al quale ruota tutto il romanzo. Chi di noi ha mai pensato che il boia potesse essere una figura così importante per una comunità? Chi di noi se l’è mai immaginato come un essere umano normale, sotto quel cappuccio nero e quelle braccia nerborute fatte per tagliare teste? Un uomo con sentimenti, opinioni politiche, con una moglie e dei figli che ama? Direi nessuno. L’originalità del romanzo sta proprio in questo, nell’aver messo in luce le caratteristiche di un mestiere completamente ignorato dalla storia. Quello del boia all’ epoca era un mestiere esclusivo. Era ereditario, veniva portato in dono da una sorte malevola a cui nessuno si poteva sottrarre: il figlio di un boia avrebbe fatto il boia a sua volta, come suo padre prima di lui e come i figli a venire. Non c’era modo di ribellarsi, essere nati in una famiglia di boia significava avere il petto macchiato da un’onta terribile che nessun altro avrebbe mai portato per propria scelta. Era al tempo stesso un uomo temuto ma non rispettato: il popolo aveva paura di lui perché era la personificazione della morte, al suo passaggio c’era chi si faceva il segno della croce e chi abbassava lo sguardo. Ma era comunque un lavoro, e andava fatto. Così era la vita anche per Jakob Kuisl, il boia di Schongau, fino a quando la levatrice del paese viene arrestata con l’accusa di aver commesso l’omicidio di due bambini.

Il 12 ottobre era un buon giorno per uccidere. Aveva piovuto tutta la settimana, ma quel venerdì, dopo la festa parrocchiale, il buon Dio ci aveva ripensato. Nonostante fosse autunno, il sole splendeva tiepido in basso sul Pfaffenwinkel e dalla città in alto provenivano schiamazzi e risate. Si udivano rulli di tamburo, tintinnio di campanelle, note di violino. L’aroma di frittelle e carne arrosto si insinuava fino al maleodorante Gerberviertel, il rione dei conciatori. Sarebbe stata una bella esecuzione.”

Il periodo della caccia alle streghe è finito da poco ma in tutta la Baviera, così come nel resto dell’Europa, è ancora profondamente radicata la convinzione che alcune donne siano emissari del diavolo, sue amanti e complici. Le levatrici, a causa del loro mestiere, erano profonde conoscitrici delle erbe e del loro potere curativo e le usavano in grande quantità per alleviare i dolori del parto o per curare semplici problemi femminili. Tanto bastava per destare il sospetto. Martha viene immediatamente additata come strega e in quanto tale considerata colpevole delle barbare uccisioni. Viene affidata al boia il quale deve estorcerle regolare confessione affinché possa essere messa al rogo. Ma il nostro boia è un uomo molto diverso da quello che sembra e soprattutto non crede nella sua colpevolezza. E’ un uomo giusto e buono, che lotta contro i pregiudizi e che aiuterà Martha con tutti i mezzi a sua disposizione per lasciarla in vita fino a quando il vero colpevole non verrà trovato. In paese il boia non è il solo a credere all’innocenza della levatrice: sua figlia, una bella ragazza testarda e anticonformista e un giovane medico affascinato dalle conoscenze del boia e dalla sensualità giovane, inizieranno ad indagare per proprio conto per arrivare alla verità. La loro sarà una lotta contro il tempo per ribaltare una sentenza di morte già scritta solo per coprire persone per bene, per motivazioni politiche, per nascondere verità inconfessabili. L’accuratezza della ricostruzione storica e la stupefacente figura del boia, uomo erudito, esperto erborista e assai più lungimirante dei personaggi che governano il paese, rende questo romanzo storico un piccolo capolavoro da leggere senza indugi, se come me siete affascinati dalla storia nei suoi molteplici e spesso sconosciuti risvolti.