“La sposa scomparsa”, di Rosa Teruzzi: tre “Miss Marple” della periferia milanese e un femminicidio

Prima di leggere questo romanzo ho fatto quello che non si dovrebbe mai fare: leggere prima il suo seguito. Ma non ho saputo resistere, perché quando ho ordinato il libreria “La sposa scomparsa” era appena uscito “la fioraia del Giambellino” e purtroppo certi richiami sono il mio debole. Mi sono resa conto subito che avevo commesso uno sbaglio, perché anche se Rosa Teruzzi è indulgente con chi non ha conosciuto dall’inizio le tre investigatrici dilettanti, certi particolari della loro storia (intima e non) li avrei saputi cogliere e comprendere meglio se avessi letto per primo questo romanzo, apprezzandoli come meritavano. Ad ogni modo l’innamoramento è scattato subito: Iole, Libera e Vittoria sono personaggi dotati di una forza narrativa sorprendente, e costituiscono l’elemento vincente di questo romanzo. Solitamente nei romanzi gialli i veri protagonisti sono l’assassino, la storia, la suspense e l’originalità della trama, che più è intricata e più diverte noi lettori. Rosa Teruzzi invece, attingendo a piene mani dalla sua esperienza di caporedattore della trasmissione di cronaca nera Quarto Grado, ha puntato tutto su questo trittico al femminile: tre generazioni a confronto, tre donne che più diverse non potrebbero essere. Quello che le accomuna è ciò che manca ai protagonisti dei gialli che siamo abituati a leggere: l’istinto femminile e quella sensibilità speciale che solo le donne possiedono, che guiderà il gruppo verso la risoluzione dei casi.

Nel frattempo la saga delle Miss Marple milanesi è giunta a quota quattro: dopo “La sposa scomparsa” e ” La fioraia del Giambellino” sono stati pubblicati “Non si uccide per amore” e il recentissimo “Ultimo tango all’Ortica”. Li ho letti tutti e quattro, e nessuno mi ha delusa. Poche pagine, una storia che prende alla pancia e tre protagoniste che vorresti avere come amiche.

Nel quartiere milanese del Giambellino, alla periferia della città, in un vecchio casello ferroviario in disuso, abitano le tre donne inventate dalla penna dell’autrice. Iole è una settantenne ex figlia dei fiori che non ha mai smesso di vivere da sessantottina, e che continua ad affermare con fierezza il suo spirito libero e anticonformista: nonostante l’età infatti l’eccentrica signora non si priva di nulla, godendosi la vita esattamente come quando aveva vent ’anni e metteva fiori nei cannoni per dire no alla guerra, sì alle canne e molti più sì all’ amore libero. Iole è la madre di Libera, una quarantaseienne dall’ indole dolce e malinconica alla quale è stato dato un nome che la caratterizza ben poco. Libera ha un passato da libraia ma per vivere si arrangia creando bouquet per spose, particolari e ricercati; è vedova di un poliziotto, Saverio, rimasto ucciso molti anni prima in un agguato di cui si è sempre saputo pochissimo. A dire il vero Libera non ha mai voluto cercare la verità ad ogni costo, accontentandosi di quel poco che a suo tempo emerse dalle indagini: al tempo della tragedia la figlia Vittoria, ormai più che ventenne, era solo una bambina e forse per un senso di protezione estremo nei confronti della figlia e di sé stessa decise che le cose dovevano restare così, con luci e ombre. Poteva accettarlo, doveva farlo. Vittoria crescendo ha seguito le orme del padre ed oggi è una poliziotta innamorata del proprio lavoro che però, a differenza della mamma e soprattutto della nonna, ha un carattere chiuso e riottoso. Non ama ingerenze nella propria vita privata e mal sopporta le iniziative da detective dilettanti della sua famiglia. In questa cornice così particolare si snoda una vicenda complessa, un caso irrisolto da più di trent’anni che improvvisamente torna a chiedere attenzione. In un mese di luglio stranamente piovoso, una donna vestita a lutto ed ingrigita dagli anni bussa alla porta del casello ferroviario in cerca di aiuto. E’ una Rosalia Minardi, una madre ormai anziana che non si rassegna e continua a chiedere giustizia per sua figlia Carmen, scomparsa molti anni prima a causa di una storia con molti punto oscuri e piena di sofferenza. Si è spinta fino al casello sperando di ottenere l’attenzione di Vittoria, ma la ragazza non ne vuole sapere. Considera la signora un’illusa e c’è un caso urgente al quale sta lavorando: non ha tempo da perdere con un “cold case”. Libera però, sensibile ed emotiva, non può non provare una stretta al cuore pensando a cosa ne sarebbe di lei se fosse sua figlia a sparire per sempre in un giorno qualunque. Sarebbe insopportabile. E così Libera, aiutata dall’ eccentrica Iole, intercede con Vittoria in favore di Rosalia e riesce a far riaprire il caso, facendo luce sulle misteriose vicende legate alla scomparsa di Carmen. La sparizione della ragazza dall’ apparente vita irreprensibile e monotona è avvenuta proprio il giorno in cui avrebbe dovuto sposarsi: un macabro regalo per nozze che non si sarebbero mai celebrate.


Come spesso succede nella vita reale, la verità il più delle volte è una cosa semplice e al tempo stesso terribile. La realtà ha molta più immaginazione della fantasia, e spesso è anche più crudele. Fa più male, ed è la peggiore delle bastarde.


Ho intravvisto nella vicenda di Carmen i riflessi di tante donne che in questi ultimi anni hanno riempito le pagine di cronaca nera del nostro Paese: mogli, madri, fidanzate, sorelle che ad un certo punto vengono inghiottite nel nulla lasciando in chi le ha amate solo il ricordo di un ultimo abbraccio frettoloso, dato per abitudine. Non esistono donne scomparse, esistono solo donne uccise. E questo Libera lo sa. Lo sa Libera perchè glielo dice l’ istinto, lo sa Iole perchè ha vissuto molto ed intensamente, ed in fondo lo sa anche Vittoria nonostante la sua indole da poliziotta la tenga ancorata ai fatti più che alle sensazioni.

La realtà è che sua figlia è scomparsa da trent’ anni ed è sicuramente morta. Ma non riusciremo mai a trovare il suo corpo perché chi l’ha uccisa l’ha fatta franca, anche se lei non vuole rassegnarsi.

La storia di fondo è tutt’ altro che leggera, ma Rosa Teruzzi stempera la crudeltà dei fatti con uno stile garbato e con una grande abilità narrativa. Ad aiutarla in questo può essere una battuta sagace di Iole, allergica alla biancheria intima e alla tristezza, oppure uno di quei momenti in cui Libera sceglie con cura i fiori e le erbe per i suoi bouquet speciali, o ancora quando sprigiona il suo estro culinario sfornando ricette vegetariane che mettono appetito e buonumore. Ma è soprattutto l’immagine che l’autrice ci regala di quel casello ferroviario disperso in una Milano sconosciuta ed affascinante, intriso di profumi ed aromi, ad avermi incantata, rincuorata e rinfrancata.

La sposa scomparsa, Rosa Teruzzi – Sonzogno

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