“Il respiro delle anime”, di Gigi Paoli: una Firenze che non ti aspetti

Gigi Paoli, bravo giornalista toscano e neo scrittore, con la sua opera prima – “Il rumore della pioggia” – mi ha letteralmente conquistata. I motivi per cui questo autore è entrato di prepotenza nella schiera dei miei preferiti sono diversi: prima di tutto, la qualità della scrittura. La sua penna scorre fluida, sobria, ma al tempo stesso è di forte impatto e tiene saldamente la presa sul lettore. Ha saputo attingere dalla sua ventennale esperienza di cronista senza ingessare la storia in un  resoconto giornalistico, uno scivolone in cui poteva facilmente incappare data la sua professione. Paoli ha aggirato l’ostacolo confezionando nuovamente un romanzo di genere perfetto, che incalza pagina dopo pagina senza la minima caduta di stile. L’altro elemento vincente è la scelta, assai azzeccata, del protagonista: Carlo Alberto Marchi, giornalista di cronaca giudiziaria al ”Nuovo” di Firenze e padre single di Donata, una dodicenne alle prese con le sue prime paturnie adolescenziali. Uomo positivo e concreto, abituato a compiere quotidianamente slalom giganti per non trascurare la figlia, Marchi altro non è che l’alter ego romanzesco dell’autore, con il quale ha in comune carriera, vita familiare, città e taglio di capelli. E’ un giornalista vecchio stampo sopravvissuto all’ era tecnologica e all’ avvento di internet, ancora animato dal sacro fuoco di una  professione antica e nobile, in nome della quale è disposto a macinare orari impossibili ed a sacrificare giorni liberi ed interi week end. Per lui andare a caccia di una buona notizia non significa “googlare” alla scrivania annoiati e stanchi, ma esattamente l’opposto: significa alzare le chiappe anche quando vorrebbe solo svenire sul divano di casa sua, aggirarsi lungo i corridoi  del Palazzo di Giustizia ad orari improbabili affrontando lunghe attese ed inscenando appostamenti degni di uno stalker, che spesso si concludono con  porte sbattute in faccia senza pietà. Perché quello che lui ha simpaticamente ribattezzato “Gotham” (in onore dell’ avveniristica architettura che tanto lo fa assomigliare alla città di Batman) è un mondo a parte ed ha le sue regole inamovibili. Una di queste è che per i giornalisti rompiscatole come Marchi non è sempre aria, ma un’altra è che altrettanto spesso all ’interno dell’arido edificio si riescono ad instaurare buoni rapporti personali di fiducia e collaborazione reciproca, che alcune volte si trasformano in amicizie vere e proprie. Sono queste le fonti predilette di Marchi, altro che  smanettamenti internettiani: nessuno più di lui sa che un buon informatore necessita quasi sempre di un caffè alle prime luci dell’alba o di una cena a notte fonda in qualche bettola della città.

Una Firenze oscura e segreta, al riparo dagli occhi curiosi dei turisti, fa da contorno ancora una volta alle sue indagini giornalistiche, e non potrebbe essere altrimenti: alla “giudiziaria” non c’è spazio per le storie  da cartolina. La prima volta che siamo arrivati in città insieme a Marchi era novembre, ed una pioggia  incessante e fredda strapazzava ogni vicolo, rendendolo buio ed inospitale. Questa volta invece  la ritroviamo soffocata dall’ afa di luglio, ancora una volta sfuggente e misteriosa. Paoli non ci presenta mai Firenze quando la sua straordinaria bellezza è al culmine, e nemmeno ci fa girare estasiati tra le sue strade millenarie, così ricche di storia e di fascino. No, lui preferisce condurci negli angoli dimenticati di una città che ogni giorno dell’anno è assalita da turisti provenienti da tutto il mondo, luoghi  che solo i fiorentini conoscono e dove non troveremo mai frotte di giapponesi che sventolano felici bastoni per selfie. Questo lato oscuro, esacerbato da un clima  inospitale, crea un contrasto stridente con la magnificenza dei suoi palazzi, delle sue chiese, dei suoi monumenti, dei suoi giardini: il risultato è un innamoramento ancora più forte per chi, come me, porta Firenze nel cuore da quando l’ha vista la prima volta ed una curiosità che cresce ad ogni capitolo.

Quale fatto di cronaca dovrà seguire questa volta il nostro giornalista d’assalto? Tutto ha inizio quando in redazione affidano a Marchi un pezzo sulle numerosi morti per overdose che da qualche tempo affliggono la città, fino a quando un incidente apparentemente casuale stuzzica il suo fiuto da segugio: nella notte appena trascorsa un ciclista di nazionalità americana, dirigente di una importante casa farmaceutica, viene travolto e ucciso da un’autovettura. Pirateria stradale? Marchi non ne è affatto convinto e come al solito decide di seguire di sua iniziativa una pista non richiesta.  

Arguto, ficcanaso ed irriverente riuscirà ad interagire con le forze dell’ordine e con la magistratura affinché si faccia luce sulla vicenda, sfruttando tutte le conoscenze acquisite in anni di onorato servizio. Poco alla volta le tessere dei due puzzle convergeranno ed andranno al loro posto, portando alla luce una storia davvero incredibile. E dannatamente reale.

Quando un’opera prima fa centro così come è stato per “Il rumore della pioggia”, replicare per l’autore non è cosa semplice. Deve riprendere le fila del discorso cercando però di non banalizzare la storia né stereotipare i protagonisti, perché noi lettori a volte siamo  dei gran rompiballe: abbiamo bisogno di essere sempre stuzzicati con qualcosa di nuovo, altrimenti i romanzi “seriali” ci annoiano.  Gigi Paoli riesce di fatto a superare sé stesso, e lo fa con classe. Il valore aggiunto, a parte una storia che ho trovato più intrigante e meglio sviluppata della precedente, sta nell’ averci fatto entrare un po’ di più nell’ intimo del suo protagonista, rivelando tutta la fragilità di un padre single che ogni giorno cerca disperatamente di incastrare i suoi mille impegni con le esigenze di una figlia ancora piccola, che al mondo ha soltanto lui, soffocando rimpianti e sensi di colpa come meglio può.

Facevo il giornalista, sì. Facevo il babbo, anche e soprattutto. Ma il tempo che mi restava per fare Carlo Alberto Marchi era davvero poco, pochissimo. E forse un giorno l’avrei rimpianto.

Classificazione: 4 su 5.

3 pensieri riguardo ““Il respiro delle anime”, di Gigi Paoli: una Firenze che non ti aspetti”

  1. Non so perchè non nutro grande fiducia negli scrittori italiani…. vergogna vero? Però le tue recensioni così accurate mi fanno ricredere. Appena potrò vedrò di leggere anche questo libro 🙂
    Ciao Paola è sempre un piacere leggerti!!!!

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    1. Ciao Vitty! Anche io sono sempre stata scettica, avevo strani pregiudizi nei confronti degli autori italiani contemporanei. Poi però mi sono iscritta ad un gruppo di lettura in cui leggiamo prevalentemente autori “nostrani” e devo dire che mi sono ricreduta ampiamente! Gigi Paoli è uno di questi. E’ bravissimo. Ha all’attivo una triologia di gialli di squisita fattura, questo è il secondo volume che ho letto. Prova e poi sappimi dire!
      Un caro saluto

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