Libri in pillole: “Academy Street”, di Mary Costello

E’ un romanzo con pochissima azione: in meno di 200 pagine l’autrice racconta tutta la vita di una donna irlandese, Tess. I sentimenti della protagonista, più che gli accadimenti in sè, costituiscono il fulcro di una narrazione in cui le vicende vengono raccontate in modo molto raccolto ed intimo, come in un diario personale. Quella che ci viene offerta è una visione sempre introspettiva dell’esperienza di Tess che però, a dispetto della malinconia di fondo di cui è costantemente pervasa, non cede mai il passo alle banalità da melò e questo renderà la nostra lettura piacevole, per nulla opprimente. Tess è una donna molto sfortunata, che vive la sua esistenza come se fosse sospesa dalla realtà, in perenne attesa che accada qualcosa per cui essere felice: ma questo momento non arriverà mai. Ciò che di bello la vita le ha regalato lo riconoscerà soltanto molto dopo, quando ormai tutto è passato e svanito nell’ombra dei ricordi. Il problema di Tess è proprio questo, non riesce a percepire la felicità quando le è vicina, perché la continua a cercare altrove. E’ un’ anti eroina che subisce passivamente tutte le esperienze negative, come se sentisse di meritarsi il peggio e per questo inevitabilmente lo attraesse, come se sopportasse tutto solo perché spera sempre in un “DOPO”. Non è irritante, anzi, è molto umana in questo. A chi non sono mai capitati momenti così, in cui abbiamo solo la forza necessaria di arrenderci al presente, senza lottare per cambiare la nostra vita? Viene naturale ed istintivo immedesimarsi nelle sue debolezze e fragilità, per questo non si riesce né a condannarla né a compatirla, ma solo a perdonarla. A volte, mentre si abbandona alla tristezza, verrebbe voglia di strattonarla urlandole di reagire, di darsi una mossa, di andarsi a prendere quello che vuole…. ma poi si finisce con il darle una pacca sulla spalla e ad accettarla così com’è. Una donna sola, sfortunata e malinconica, che vive di libri e di ricordi e nel mentre inesorabilmente invecchia. Sembrerebbe quasi un libro da evitare, e invece no. Perché l’autrice è talmente brava che riesce a non rendere mai patetiche le emozioni di Tess, ma le arricchisce di un’intensa umanità che non ci permette mai di compatirla. Ma soprattutto perché anche le voci dei perdenti meritano di essere ascoltate , quelle degli sconfitti in partenza, di chi non lotta perché sa già che andrà a finire male. Quelli che aspettano le disgrazie come eventi a cui non possono sottrarsi, e nel mentre si dimenticano di vivere.

“Dracul” di Dacre Stoker & J.D. Barker: tra miti e antiche leggende

Vlad III di Valacchia, Voivoda discendente dei Drakul conosciuto col nome patronimico “Dracula”, passato agli onori delle cronache come “Vlad Tepes”, che in rumeno significa “L’impalatore”:  la leggenda più famosa del mondo, un personaggio realmente esistito che Bram Stoker prende in prestito dalla storia per dare vita ad una delle figure letterarie più famose e indimenticabili, quella del vampiro “Dracula”. Come sappiamo, Bram Stoker si ispirò al principe rumeno, noto per la sua brutalità, per creare l’ultimo, e probabilmente il più grandioso, dei romanzi gotici. Ad alimentare la fantasia dell’autore vi era anche quel nome così intriso di significati occulti, perché “Drakul” in lingua rumena significa “demoni”. Una coincidenza perfetta , un incastro tra storia e finzione narrativa che avrebbe funzionato alla perfezione…forse persino troppo, per essere solo frutto di una fantasia. Quello che  molti ignorano, e che io ho scoperto soltanto oggi (molti anni dopo averlo letto), è che Bram Stoker nella prefazione originale all’opera sosteneva la piena veridicità delle vicende narrate. Quando l’editore londinese di Stoker lesse le pagine di presentazione si rifiutò categoricamente di pubblicare il manoscritto come storia vera: Londra era ancora sconvolta dalle terribili vicende di “Jack Lo squartatore” e dare alle stampe un romanzo-verità in cui il protagonista uccideva le proprie vittime per cibarsi di sangue umano avrebbe certamente suscitato ondate di panico. Quella che è arrivata fino a noi è quindi una seconda versione del manoscritto, amputata dalle affermazioni sull’esistenza del Principe Vlad, aristocratico vampiro dalla leggendaria efferatezza. Le pagine mancanti sono circa un centinaio: cosa contenevano?

Ribadisco che la misteriosa tragedia qui descritta sia totalmente vera in tutti i suoi aspetti esterni. (Prefazione originale di “Dracula”)

In quale ordine di successione siano presentate queste carte risulterà evidente a chi le leggerà. Tutti i fatti superflui sono stati eliminati, in maniera che una storia apparentemente inverosimile e quasi incompatibile con le credenze di oggi possa reggere come una semplice realtà. (Prefazione a “Dracula”)

A questo punto viene naturale porsi una domanda: come mai un uomo così colto e concreto come Stoker, che studiò al Trinity College di Dublino sia materie umanistiche che scientifiche, laureandosi poi a pieni voti in matematica, appassionato recensore di spettacoli teatrali e dedito alla carriera nella pubblica amministrazione, avrebbe dovuto credere ad una leggenda popolare al punto tale da ritenere necessario divulgare le sue convinzioni? Quale messaggio voleva trasmettere al mondo, quale sconcertante verità doveva rivelare? E’ proprio questo il perno su cui ruota “Dracul”: l’ossessione dell’antenato Stoker per i vampiri, giustificata dall’inconfutabile certezza della loro esistenza. In questo senso il romanzo può considerarsi un prequel: qui troveremo la risposta ai tormenti di Stoker, poiché il protagonista è lui stesso. Viaggeremo tra i suoi ricordi, frugheremo tra i segreti della sua famiglia e affronteremo i suoi incubi. Analogamente a “Dracula” , anche “Dracul” è strutturato come un romanzo epistolare, in cui ai numerosi carteggi si alternano pagine di diari privati che servono al lettore per calarsi nella storia e per comprenderne meglio le dinamiche. Bram Stoker era un bambino con una salute molto cagionevole, gracile e sfortunato, che molto spesso si ritrovò a sfiorare la morte. Trascorse buona parte della sua infanzia rinchiuso in una stanza e allettato, a subire i salassi dello zio medico nella speranza che le sanguisughe lo epurassero dal sangue malato. Incontriamo il piccolo Bram mentre combatte contro la più grave delle sue ricadute, una strenua lotta in cui gli sforzi dello zio parevano vani più del solito. Durante i suoi deliri febbrili il ragazzino ha però la netta percezione che la tata della famiglia Stoker, Ellen Crone, gli stia prestando cure particolari, come se qualcosa di terrificante e sconosciuto stesse per riportarlo alla vita. Tata Ellen è una giovane donna dotata di una bellezza tanto straordinaria quanto inquietante, molto amata dai ragazzi Stoker. Ma Ellen, in realtà, è un vampiro. O meglio: è una Dearg Due.

“Dearg Due”, che in irlandese significa “pollone rosso sangue”, è un demone di natura femminile che seduce gli uomini e poi li prosciuga del loro sangue. Secondo la leggenda celtica, una giovane donna conosciuta in tutto il paese per la sua bellezza, si innamorò di un contadino locale, cosa inaccettabile per suo padre. Egli la costrinse a sposare un ricco nobiluomo molto più anziano di lei, dal quale subì maltrattamenti di ogni sorta, fino a quando non sopportò più la sua disgrazia e decise di suicidarsi gettandosi dall’alto della torre in cui viveva rinchiusa. Fu sepolta vicino a Strongbows Tree nella contea di Waterford, ma la notte successiva alla sua tumulazione risorse dalla tomba per vendicarsi di suo padre e di suo marito, succhiando il loro sangue fino alla morte. Da quel momento la ragazza venne chiamata “Dearg Due” e continuò ad usare la sua straordinaria bellezza per attirare a sè gli uomini ed ucciderli, in un’eterna vendetta per i soprusi subiti.

Ma torniamo a noi. Tata Ellen, intenerita dalle sofferenze del piccolo Bram, quella notte gli offre il suo sangue immortale, guarendolo da una malattia crudele che lo avrebbe certamente ucciso prima di raggiungere l’età adulta. Poi sparirà per sempre. Passano gli anni e Bram inspiegabilmente non accusa più nessun problema di salute, anzi, cresce forte e robusto e pare avere acquisito addirittura la capacità di rimarginare le proprie ferite straordinariamente in fretta. Oramai diventato adulto, incapace di dimenticare quella notte misteriosa, si mette sulle tracce di Tata Ellen, coinvolgendo nelle sue ricerche anche la sorella Matilda ed il fratello maggiore Thornley, angosciato per l’improvvisa e inspiegabile follia della moglie. Pagina dopo pagina veniamo risucchiati nelle spire di una storia orrorifica, in cui le leggende dei non – morti si mescolano alla storia personale della famiglia Stoker. L’autore, abile a tessere trame come un ragno con la sua tela, prende in prestito le più terrificanti leggende popolari mischiando Dearg Due irlandesi e Strigoi rumeni, a dimostrazione del fatto che i Vampiri sono miti trasversali il cui ceppo, però, è uno solo. Dracul. Non è un caso che il Principe Vlad qui venga nominato senza la “a” finale: è lui il padre di tutti i demoni, e la risposta al perché dell’ossessione di Bram Stoker. Dracul e la Dearg Due sono legati da un filo rosso d’amore e morte che scopriremo andando avanti con la storia, lo stesso che ha unito per sempre tata Ellen al piccolo Bram…e lo stesso per il quale ora Dracul vuole il giovane per sè. Nell’inquietante incipit, degno della migliore tradizione, troviamo Bram assediato all’ interno della torre di un’abbazia sconsacrata, circondato da crocefissi e rose bianche per tener fuori il “mostro”, con riserve di acqua santa ed in mano un fucile carico. Stremato da quella lotta e temendo di non arrivare vivo all’ alba, prende carta e penna e comincia a scrivere quanto accaduto fino ad allora, a cominciare da quella notte di tanti anni prima, quando Tata Ellen sparì strappandolo alla morte.

Non sapremo mai quanto Bram Stoker credesse nella propria storia, pare comunque che questa sua ossessione lo perseguitasse abbastanza da scegliere la cremazione per la propria sepoltura. Una pratica che, nel 1912, non era certamente così diffusa come oggi. Verrebbe quasi da pensare che l’abbia fatto proprio per evitare di trasformarsi in un non-morto al servizio di forze oscure, che vanno ben oltre la comprensione umana.


Aldilà di queste illazioni, ciò che resta è un romanzo ben costruito, che pur restando molto fedele all’impostazione del Dracula originale riesce a mantenere la sua individualità. Avventuroso ed angosciante, ricalca perfettamente le regole del gotico e, ovviamente, anche dell’horror più raffinato. Attraverso  uno stile impeccabile  gli autori riescono a conferire alla narrazione un ritmo incalzante, che fa lievitare la tensione pagina dopo pagina, fino a culminare in una lotta allegorica tra forze del bene e forze del male.


Tuttavia non mi sento di consigliare questo romanzo ai soli amanti del gotico ed ai nostalgici di Stoker, perché dietro la sua stesura c’è un grande lavoro di ricostruzione che merita di essere conosciuto e apprezzato, anche e soprattutto dal punto di vista filologico. Dacre Stoker, a più di un secolo di distanza, si è messo alla ricerca dei dettagli, delle note e dei diari del proprio antenato per cercare di capire quanto ci fosse di vero, quanto la fervida immaginazione di Bram bambino avesse influito sulla creazione di Dracula e quanto l’autore effettivamente credesse all’esistenza dei non-morti. Le ultime pagine, ricche di annotazioni degli autori, sono le più intriganti di tutto il volume e lasciano noi lettori piuttosto sgomenti, a domandarci se forse Bram Stoker non avesse avuto ragione ritenendo la leggenda più antica e più diffusa del mondo assai più vicina a noi di quello che immaginiamo.

Dracul, Dacre Stoker & J.D. Barker – Nord

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